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Contenzioso tributario

Il contenzioso tributario è il procedimento giurisdizionale che ha ad oggetto le controversie di natura tributaria tra il contribuente e l'amministrazione finanziaria.

Oggetto del processo sono gli atti amministrativi dell'amministrazione finanziaria, impugnato dal contribuente. È noto che l'amministrazione può emettere atti vincolanti per il contribuente, se non tempestivamente impugnati, senza dover ricorrere all'autorità giudiziaria. La competenza spetta alla commissione tributaria territorialmente competente. Il contenzioso tributario può instaurarsi solo a seguito dell'impugnazione di uno degli atti tassativamente prescritti dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 546/1992. Gli atti avverso i quali può essere proposto ricorso sono:

  • l'avviso di accertamento del tributo;
  • l'avviso di liquidazione del tributo;
  • il provvedimento che irroga le sanzioni;
  • il ruolo e la cartella di pagamento;
  • l'avviso di mora;
  • l'iscrizione di ipoteca sugli immobili;
  • il fermo di beni mobili registrati;
  • gli atti relativi alle operazioni catastali;
  • il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
  • il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
  • ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni tributarie.

Il contenzioso tributario è stato riformato dal decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546.

È articolato in due autonome e distinte fasi giudizio:

  • un primo grado, celebrato presso le commissioni tributarie provinciali (CTP) con sede in ogni capoluogo di provincia;
  • un secondo grado – di appello – celebrato presso le commissioni tributarie regionali (CTR) con sedi nei capoluoghi di regione e sezioni distaccate in talune provincie.

Rispetto alla precedente normativa, quindi, la riforma del contenzioso tributario ha abolito la commissione tributaria centrale, che continua a esistere sino all’esaurimento dei giudizi radicati prima dell’entrata in vigore della riforma del 1992.

Avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali è ammesso il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Il contenzioso tributario è un procedimento giurisdizionale nel quale ricadono controversie di natura tributaria tra i contribuenti, da una parte, e l'Amministrazione Finanziaria o gli Enti locali o i concessionari della riscossione, dall’altra parte.

L’oggetto del contendere è costituito dall'impugnazione, da parte del contribuente, dell’atto emesso dall'Amministrazione Finanziaria, ovvero per farsi riconoscere il diritto ad un rimborso o una agevolazione. Per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni del decreto legge 98/2011, per i provvedimenti impositivi di valore fino a 20.000,00 euro, emessi dall’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 1° aprile 2012, è prevista una fase prodromica di natura amministrativa, definita “reclamo e mediazione”.

L’istituto del reclamo e mediazione in ambito tributario, nasce dalla volontà di decongestionare le commissioni tributarie, ha natura obbligatoria ed è strumentale alla definizione stragiudiziale della controversia o eventualmente all’annullamento dell’atto prima che giunga alla fase contenziosa.

COME SI FA

Una particolarità del contenzioso tributario consiste nel fatto che è sempre il contribuente che avvia il procedimento innanzi alla commissione tributaria, chiamando in giudizio l’ente impositore.

Fuori dai casi nei quali è previsto perentoriamente, a pena di inammissibilità, l’istituto del reclamo e mediazione – l’atto impositivo deve contenere il termine entro il quale il contribuente può presentare il ricorso e l’indicazione della commissione tributaria competente.

Il contribuente deve proporre il ricorso previa notifica all’ufficio o ente che ha emesso l’atto impositivo, nei termini indicati e radicando ritualmente il giudizio mediante deposito alla commissione tributaria provinciale nei successivi trenta giorni.

I termini indicati dalla legge sono sempre perentori, nel senso che l'inosservanza determina sempre l'inammissibilità.

Il ricorso deve contenere l’indicazione della commissione tributaria cui è diretto, i nominativi del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto, nonché del codice fiscale del ricorrente; sono inoltre da indicare l’ufficio del Ministero delle Finanze o dell’ente locale o del concessionario del servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto, gli estremi dell’atto impugnato, i motivi per l’impugnazione dello stesso e l’oggetto della domanda.

Il contenzioso tributario prevede l’istituto del litisconsorzio, che prevede l’intervento in giudizio di più soggetti (ad esempio Agenzia delle Entrate e agente della riscossione) qualora l’oggetto del ricorso li riguardi inscindibilmente.

Avvenuto il deposito presso la segreteria della commissione tributaria provinciale ha inizio la vera e propria fase processuale che prevede una o più udienze di discussione che possono tenersi in pubblica udienza, su richiesta di una delle parti, ovvero, nel silenzio delle parti in camera di consiglio.

Ciascun gradi di giudizio si conclude con l’emissione di una Sentenza da parte della commissione tributaria adita.

Dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali (prime due fasi di giudizio), per le controversie di valore fino a euro 2.582,28 il contribuente può stare in giudizio autonomamente; le controversie di valore superiore prevedono l’obbligo per il contribuente di munirsi di assistenza tecnica. Sono abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali:

  • avvocati;
  • dottori commercialisti e ragionieri commercialisti;
  • consulenti del lavoro (purché non dipendenti dall’amministrazione pubblica).

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