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La sentenza n. 147/24/2014 della Ctr di Milano, ha confermato l’annullamento di un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società di capitali meneghina, convalidando il verdetto raggiunto in prima istanza.
La sentenza conclude ribadendo che “il raddoppio dei termini d’accertamento deve essere oggetto di specifica motivazione. Per un legittimo allungamento del periodo d’imposta accertabile, è necessario che l’ufficio dedichi espressamente una parte della motivazione dell’atto impositivo alle ragioni che ne hanno determinato l’emissione extra time.”
Invece, nella prassi accertativa, accade spesso che i termini raddoppiati, in caso di violazioni che comportano denuncia penale per i reati tributari di cui al dlgs 74/2000, siano raddoppiati senza argomentare la scelta, giustificando la motivazione. La legittimità del raddoppio e dell’esistenza dei presupposti viene dibattuta in sede di contestazione giudiziale dell’atto, ove l’accertatore riporti l’esistenza dei necessari presupposti e, eventualmente, alleghi la denuncia penale inoltrata alle competenti autorità .
Così come riportato nella vertenza tributaria all’attenzione del Ctr di Milano, il raddoppio dei termini d’accertamento non devono risultare automatici al fine di resuscitare periodi d’imposta ormai chiusi nel cassetto, ma devono essere esplicate con motivazioni che asseriscano la loro legittimità; in mancanza, l'avviso di accertamento è nullo.
Ecco le parole del giudice tributario estratte dalla sentenza: “L’avviso di accertamento, nella motivazione, non contiene alcun riferimento alla normativa sul raddoppio dei termini di cui all’articolo 37 del dl 223/2006.” Tale carenza, “incidendo sul diritto di difesa”, non può nemmeno “essere sanata inserendo tale indicazione nelle controdeduzioni o con la produzione in giudizio di copia della denuncia”, indi “non è possibile integrare o modificare la motivazione di un accertamento in corso di causa.”
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Redazione di Rete Commercialisti