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I commercialisti chiedono un cambio di rotta al Fisco
L’Assemblea Generale è arrivata in momento storico particolarmente delicato per la vita economica e politica del Paese.
Per questo i principali temi trattati sono stati diversi: si è passati dalla presentazione di spunti per un intervento di riforma del settore fiscale, alla descrizione dei dati relativi all’indebitamento di banche e famiglie.
Ciò che rileva è, comunque, che tutti i temi toccati dall’assemblea hanno un filo comune: la necessità di semplificazione dell’ordinamento fiscale.
I riscontri sul versante della semplificazione fiscale, come concepita dal Legislatore negli ultimi tempi, non sono affatto positivi. A ciò si aggiunge una aggravio di adempimenti che i contribuenti, inevitabilmente, ribaltano sui commercialisti. E’ l’analisi che emerge dalla relazione del Presidente del CNDCEC Massimo Miani, durante l’assemblea generale dell’8 giugno. Secondo i commercialisti, è dunque necessario un deciso e radicale cambio di rotta nel rapporto con il Fisco.
La politica di semplificazione fiscale perseguita negli ultimi anni si è rilevata non all’altezza delle aspettative.
Infatti, eccetto il 730 precompilato (che, tutto sommato è un’operazione positiva migliorabile di anno in anno, soprattutto grazie al lavoro degli intermediari che ne alimentano i dati, anche se poi, ad essi viene addossata anche l’imposta dovuta, in caso di errori o emissioni, cosa palesemente incostituzionale e francamente inaccettabile) gli interventi si sono succeduti in modo disorganico con alcune timide semplificazioni alla rinfusa e, di contro, in modo assolutamente organico con alcune significative complicazioni tutte concentrate sui titolari di partita IVA.
E’ quanto affermato dal Presidente, Massimo Miani, nel suo intervento dell’8 giugno 2017 all’Assemblea Generale dei Consigli degli Ordini dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Quali sono, in definitiva, le richieste che arrivano dai Commercialisti?
Il Presidente chiosa: “All’Agenzia delle Entrate i Commercialisti chiedono un cambio di registro vero e un dialogo vero: quello che è avvenuto in questi ultimi mesi è stato talmente sorprendente che è necessario ripartire da zero e sarebbe ipocrita rappresentare una soddisfazione che nella categoria non c’è minimamente perché, al contrario, c’è profondo disorientamento.
Alla politica si rinnovano con spirito collaborativo segnali che, si spera, sappia cogliere nel suo stesso interesse, oltre che, naturalmente, nell’interesse del Paese: attenti a non passare dalla condivisibile e sacrosanta politica di riduzione della pressione e oppressione fiscale al tremendo mix della retorica delle tasse che non si aumentano anche a prezzo di trovare coperture finanziarie con la retorica degli adempimenti e dei vincoli nel nome della lotta a una evasione che galoppa e aumenta sempre”.
Seguono poi una serie di proposte che possano valorizzare il ruolo dei Commercialisti.
Tra queste, rimanendo nell’ambito tributario, tra gli atti delle amministrazioni pubbliche che possono essere rimessi ai commercialisti in relazione al carattere di terzietà della professione, atti che ai sensi dell’art. 5 del c.d. jobs act sul lavoro autonomo il Governo è delegato ad individuare al fine di semplificare l’attività delle amministrazioni pubbliche e di ridurne i tempi di produzione, potrebbe immaginarsi un documento attestante il regolare assolvimento, da parte del contribuente, dei propri obblighi fiscali (DURF).
In particolare, il documento attesterebbe la correttezza dei versamenti e degli adempimenti, nonché di tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente riferiti all’intera situazione fiscale del contribuente.
Il Presidente, non mancando di evidenziare quanto di buono fatto dalle precedenti legislature, ha, da una parte, riportato con decisione come la categoria dei Dottori Commercialisti si è opposta e continuerà ad opporsi agli “interventi che si sono succeduti in modo disorganico” introducendo “alcune significative complicazioni tutte concentrate sui titolari di partita IVA”, dall’altra ventilato un’ipotesi di sciopero della categoria nel caso in cui le istanze dell’Assemblea non dovessero venire ascoltate.
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Redazione di Rete Commercialisti