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Fisco, Cassazione assolve imprenditore che ha evaso Iva. “Niente dolo, colpa della crisi”

Burocrazia 

Cassazione penale , sez. III, sentenza 09.09.2014 n° 37301

La Suprema Corte, accogliendo la tesi della difesa, ha riconosciuto la "causa di forza maggiore" e escluso la punibilità per il mancato versamento: "E' dipeso da un evento estraneo alla sua sfera di controllo". Annullata con rinvio la condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Catania.

 

 

Farà sicuramente discutere la decisione della Cassazione, che ha assolto un imprenditore catanese per non aver versato l’Iva.

I FATTI - La decisione di ieri:

Non ha versato l’Iva perché la crisi ha fatto fallire il suo unico cliente. E la Cassazione, ribaltando il verdetto di secondo grado, ha stabilito che una reale causa di forza maggiore non costituisce dolo e quindi neanche reato.

Secondo i giudici infatti non costituiva dolo la decisione di non pagare l’Iva in favore degli stipendi

«la cooperativa della quale l’imputato è legale rappresentante, aveva praticamente un unico committente, che era fallito proprio nella imminenza della data di scadenza del pagamento delle imposte. Di conseguenza – è ancora la tesi degli ermellini – la cooperativa non aveva potuto fare altro che insinuarsi nel passivo del fallimento e, non disponendo di beni aveva destinato le poche risorse disponibili al pagamento degli stipendi dei dipendenti e delle relative contribuzioni previdenziali»

I giudici hanno poi considerato come in questi casi si debba valutare tenendo conto delle peculiarità delle storie

«l’evasione contestata non poteva ritenersi ascrivibile a dissennatezza gestionale, né ad alcun altro intento truffaldino od omissivo, bensì solo a causa di forza maggiore indipendente dalla volontà dell’imputato stesso»

 

La Suprema Corte ha così annullato la condanna per omesso versamento dell’Iva del rappresentante legale di un’ impresa siciliana rilevando che «serve una prova rigorosa» del fatto che la «violazione del precetto penale sia dipesa da un evento decisivo del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto». Nel caso specifico l’amministratore di una cooperativa che aveva «come quasi unico committente una società fallita proprio nell’imminenza della data di scadenza del pagamento delle imposte» si era difeso spiegando che non aveva potuto far altro che inserirsi al passivo. 

 

Proprio su questo punto, la Corte di appello di Catania aveva «mancato del tutto» di valutare la specifica situazione che aveva causato il dissesto della cooperativa. Tuttavia la Cassazione sottolinea - con sentenza n. 40394 del 30 settembre 2014 - che «non è possibile in linea di principio addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato quando, in presenza di una situazione economica difficile, si decida di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pre-permettere il versamento delle ritenute all’Erario». Così i supremi giudici hanno risposto all’amministratore della cooperativa che faceva presente di aver dovuto scegliere se pagare gli stipendi ai soci, o l’Iva. 

 

I giudici della Cassazione rilevano, inoltre, che in questi tempi torna «con una certa frequenza» il tema «della possibilità di affermare la inesigibilita’ di una condotta di ottemperanza ai tributi da versare allo Stato, per le difficoltà finanziarie» di chi è tenuto al pagamento. In proposito, gli ermellini, fanno presente che è vero il principio generale affermato dalla Corte d’appello di Catania, «secondo cui la carenza di mezzi finanziari da cui sarebbe derivata l’impossibilità di versare il tributo non influisce in alcun modo sulla struttura oggettiva del reato». A questo proposito la Cassazione spiega che se «ciò è da ritenersi vero, come principio generale valido nella gran parte dei casi, permane la doverosita’ di una verifica puntuale circa le caratteristiche della fattispecie concreta giunta all’attenzione dei giudici» ;«Nella specie - conclude la sentenza - essa è mancata del tutto». 

 

Ora la causa dell’imprenditore siciliano tornerà al tribunale di Catania per una valutazione complessiva. La cronaca di questi ultimi anni ha portato alla ribalta vari casi dell’impropriamente detta «evasione di sopravvivenza». Tra i precedenti quelli di un imprenditore aostano titolare di un negozio di giocattoli, prosciolto dall’accusa di non aver versato 76mila euro di Iva perché la Corte ha riconosciuto che «non c’è stata la volontà di omettere il versamento, ma esso non era possibile per cause di forza maggiore dovute alla crisi dell’azienda».  

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Redazione

Redazione di Rete Commercialisti