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Se l'accertamento non è sottoscritto dal capo ufficio, l'agenzia delle Entrate deve esibire la specifica delega a favore del sottoscrittore, pena l'illegittimità dell'atto.
Lo ha statuito la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, che ha ritenuto nulli gli accertamenti perché l'ufficio non aveva prodotto la delega di firma citata negli atti impositivi, e ha condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese.
La sentenza (n. 187/3/14 depositata il 22 Aprile 2014) recepisce un principio più volte enunciato dalla Corte di Cassazione. Secondo il giudice di vertice, infatti, in tema di rettifica o accertamento delle imposte dirette, l’avviso di accertamento è nullo ai sensi dell’art. 42 del dpr 600/73, se non è sottoscritto dal capo dell’ufficio o dall’altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
In caso di contestazione, precisa la corte, spetta all’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’amministrazione.
Nella fattispecie, non avendo l’ufficio prodotto in giudizio la delega, i giudici reggiani hanno accolto il ricorso del contribuente. Annullando gli atti impugnati.
Di sovente gli accertamenti, soprattutto quando riguardano rettifiche per importi non particolarmente elevati, sono sottoscritti da un dirigente/funzionario delegato dal direttore provinciale o dal direttore regionale. In questi casi, nell'atto è riportato il nome di chi sottoscrive l'avviso, talvolta con la qualifica e la dicitura «firma su delega del Direttore Provinciale…».
A norma dell'articolo 42 del Dpr 600/73, gli accertamenti in rettifica e quelli d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.
È la stessa norma, poi, a prevedere che l'accertamento è nullo se l'avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni e le motivazioni previste.
Sul punto, un costante orientamento giurisprudenziale di legittimità (cfr. Cass. n. 14942/13, Cass. n. 17400/12, n. 6884/2011, 14626/00 e 10513/08, Ctr Milano n. 141/09, Ctr Torino n. 58/11) ha ritenuto che in tema di imposte sui redditi e di Iva gli accertamenti sono nulli tutte le volte che non risultano sottoscritti dal capo dell'ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva validamente delegato.
Non si contesta, dunque, il potere del Direttore di delegare la sottoscrizione dell'atto impositivo ma, molto più semplicemente, la mancata allegazione della delega in base alla quale, evidentemente, l'atto è stato sottoscritto. Non si può, infatti, astrattamente escludere che il suddetto provvedimento di delega possa essere affetto da un vizio che lo renda invalido (rilascio successivo all'emissione dell'accertamento, potere di firma per accertamenti di importi inferiori, ecc….).
Questa affermazione può allora essere superata solo se la delega è conosciuta, consentendo così al contribuente interessato di esaminarla e verificarne la conformità alla legge.
I giudici di legittimità hanno ripetutamente affermato che incombe sull'agenzia delle Entrate l'onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega.
La chiarezza delle norme e l'interpretazione che di esse correttamente è stata data dalla Cassazione esonerano il contribuente ricorrente dalla necessità di formulare ulteriori considerazioni a sostegno della dedotta nullità dei provvedimenti, rimettendo, invece, all'Agenzia l'onere della prova della correttezza del proprio operato.
In applicazione dei citati principi, la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 187/3/14 (Pres. e Rel. Montanari) ha dichiarato l'illegittimità di un accertamento, in quanto nonostante l'eccezione sollevata dalla ricorrente, l'ufficio in giudizio non ha prodotto alcuna delega.
In considerazione dello stato della giurisprudenza è quindi opportuno che questo motivo di ricorso venga puntualmente proposto dal contribuente in occasione dell'impugnazione di primo grado e successivamente, una volta esibita la delega, che essa venga esaminata per verificare la correttezza della medesima.
COME DEVE ESSERE LA DELEGA
La norma non dispone precisi requisiti dell’eventuale delega, limitandosi ad evidenziare la nullità dell’atto privo di valida sottoscrizione. Tuttavia, affinché la delega possa concretamente identificare il soggetto autorizzato dal Direttore regionale o provinciale ad un determinato compito, è necessario che:
1. abbia forma scritta;
2. specifichi le esigenze di servizio che la motivano;
3. indichi l’ambito di applicazione ed i suoi limiti;
4. riporti le generalità della persona delegata;
5. circoscriva la durata (che dovrebbe essere determinata).
QUALI SONO I VIZI DELLE PROCURE
In genere, invece, quanto prodotto dagli uffici in giudizio sono provvedimenti che si limitano ad individuare i criteri per conferire la delega. Viene così indicata la sola qualifica professionale del funzionario potenzialmente destinatario della delega, senza però alcuna precisazione del nome di chi effettivamente rivesta tale qualifica.
In alcuni casi, risulta che il Direttore provinciale ha genericamente affidato ai diversi capo ufficio, capo team (senza alcuna indicazione del nome) la firma degli atti dividendoli per tipologia (persone fisiche, imprese, professionisti, ecc) e/o per valore.
Si tratta, così, di atti generici privi dei nominativi dei soggetti delegati dai quali non è possibile, né per il contribuente, né per il giudice, verificare se quel determinato dirigente o funzionario – il quale ha sottoscritto per delega l’atto impugnato – ne avesse effettivamente la potestà. Non emerge, infatti un nome, un atto specifico ovvero una scadenza di tale potere.
Ne consegue, dunque, la nullità dell’avviso di accertamento, nonostante l’ufficio abbia prodotto in giudizio la “delega” contestata dal ricorrente. Ciò avviene, quindi, quando l’atto prodotto è praticamente in bianco, del tutto laconico e vuoto nelle otto facciate, ad eccezione della prima.
Nel caso deciso dalla CTP di Reggio Emilia, si dava atto di una delega generale di firma e responsabilità solo nel frontespizio, ma nelle pagine successive l’atto risultava privo di qualsiasi indicazione degli estremi sostanziali della delega stessa. La Commissione ha così affermato che l’atto prodotto era inutilizzabile come prova dell’esistenza di una delega direttoriale legittimamente conferita, con la conseguenza che l’avviso di accertamento era da considerarsi privo di valida sottoscrizione.
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Redazione di Rete Commercialisti